martedì 12 marzo 2013

a ciascuno il suo.

La tipa ginnica con quelle hogan bianche-argentate-abnormi mai viste prima mi fa accomodare nello stanzone pieno di scrivanie abbandonate. C'è l'inconfondibile odore di grand'ufficio: polvere disinfettata. Moquette. Scaffali vuoti. Alla mia sinistra, sul fondo, un panzone piuttosto divertito sta spiegando al telefono "sì, insomma, il problema non è che quella salti la rata di marzo, che tanto voglio dire (ride), è che una donna di quell'età, quando perde il lavoro, insomma: la cosa diventa strutturale". Strutturale?
Compilo l'apposito modulo da allegare al curriculum, acconsento al trattamento dei miei dati personali, dopodiché la tizia ginnica mi accompagna tutta saltellante dal suo boss.
Lui è occhio e croce mio coetaneo e, una volta chiaritomi che il colloquio non sarà assolutamente in prospettiva di nuove imminenti assunzioni, mi spiega con minimale collaudata mimica che lo scopo della chiacchierata consiste, semmai, nel far passare il mio curriculum da una pila altissima così ad una un po' meno alta così.
È magro, ceruleo e con la testa a lampadina, gli occhi grossi e tondi e una fittissima capigliatura color cenere.
La tizia ginnica annuisce ad a ogni sua affermazione, a volte ripete addirittura le parole che chiudono le sue frasi. Ha gli occhietti vispi vicini vicini, e forse proprio per questo mi ispira tutto sommato una certa tenerezza. Sua vera unica funzione, direi, deducendo come per sottrazione, è sorridere in vece del capo.
Sembra gente abbastanza a posto, comunque.
Il problema è che non sanno proprio uscire dal loro ruolo anacronistico, e così appaiono fin da subito rassegnati a farmi sparar cazzate. Ne son ghiotti, seppur con paradossale riluttanza e persino un filo d'imbarazzo: non hanno la capacità, o la volontà, o il permesso d'aggirare quella consuetudine che gli impone d'affrontarmi come se non esistesse alcun contesto, e questo proprio mentre là fuori dalla finestrella il Paese intero urla. E quindi: "una persona con le tue esperienze, col tuo percorso, perché vorrebbe fare il cassiere nella nostra banca? Qual è lo stimolo, la motivazione, insomma?"
Beh, non so, che vi devo dire: uffici e segretarie mi paiono accoglienti, e magari mi faccio pure un'idea di come rapinarvelo, 'sto posto di merda?
"Guardi, lavorare mi piace, e mi piace ricominciare ogni volta da zero. Lo trovo davvero sinceramente stimolante, ecco."
E avanti così, a pigliarci per il culo. Non se ne esce.
Sono così brillante che rischio in continuazione d'andar sopra le righe, parlo, sorrido ora a uno ora all'altra che funge da eco pure ai miei sorrisi, racconto dopando e truccando a puntino la mia vita professionale manco fossi un Pantani pagliaccio sul monociclo, vendo così bene lo scatafascio che potrei uscire dall'ufficio indossando le hogan della tizia, se volessi.
A tratti, individuo il dubbio sulle loro facce, come un lampo: possibile che questo vecchio vincente affascinante ragazzetto dall'irresistibile brillante parlantina ci stia sapientemente pigliando per il culo?
"Comunque, per correttezza, la devo avvisare che solitamente diamo la precedenza ai neolaureati. Per una questione di percorso, diciamo: sono giovani e affrontano il lavoro allo sportello in prospettiva... ma lei, ecco... la prospettiva della carriera, alla sua età..."
"Beh, certo, mi pare più che giusto", dico.

Ho vent'anni, e con amici sono arrivato fin qui nel villone hollywoodiano nella campagna toscana per sentire cos'ha in definitiva da proporci il tizio. È stato pure con Jacopetti a girare Africa addio, il tizio in questione, mica robetta. Dice che dopo quell'esperienza odia i negri e che noi non possiamo manco immaginare cosa son capaci di fare, quelli lì. Ha visto cose. Tiene in cassaforte una sceneggiatura scritta appositamente per lui dallo sceneggiatore di Spielberg, ha inventato una macchina che trasforma l'otto millimetri in cinemascope, s'è ritirato dalle scene perché ha avuto già sette infarti e su un set vero non ci può proprio più stare. L'ultimo infarto l'ha avuto a cavallo, dice, e vedendo che la frase è priva di prosieguo capisco che intende proprio la bestia, e non un brevissimo periodo insignificante tra due momenti eroici della sua vita epica.
La sua seconda moglie è giovanissima, magrissima, pallidissima, biondissima e slavissima.
Non parla, non sorride, non partecipa, ubbidisce a comandi semplici tipo "prepara per tutti, che i ragazzi si fermano a pranzo" o "portaci un martini". 
La casa è così isolata e la situazione così irreale che ho una certa inquietudine. Potrebbe saltar fuori qualcuno e farci a pezzi. Magari questo cazzaro è un astuto porco regista di snuff. Non voglio assolutamente essere qui, quando tramonterà, ma lui ci ha già invitato a fermarci per la notte.
Per lui ho scritto la sceneggiatura del primo libro della Genesi, pensata per esser girata con un unico piano sequenza all'interno di un plastico. Tutto gratis, perché son studente e gli studenti si prestano.
È basso e complessivamente quasi perfettamente cubico, fuma il sigaro e parla con voce profonda e impostata distribuendo pause drammatiche a casaccio.
A tavola con noi c'è pure l'enorme cane da guardia della moglie. Immobile, è seduto a terra tra me e la slava: la posizione e il portamento son così tipici che potrebbe essere in gesso, e dopo pranzo finire in giardino tra nani e nudi neoclassici.
Il regista dice, compiaciuto, "guarda, mi basta posar gli occhi su mia moglie e quello lì mi ringhia", ed effettivamente il bestione conferma ringhiando.
Poi dice, a me: "prova a toccarle una gamba, dai, prova: prova a toccare una gamba di mia moglie. Guarda cosa fa."
Lei si gira e mi sorride, senza alcun entusiasmo. Pure il cane si gira a guardarmi, in attesa.
"Dai, prova!", insiste lui.

A fine pranzo mi dice tutto professionale che la mia sceneggiatura biblica gli è piaciuta un sacco, davvero ben pensata, ma ora vorrebbe che scrivessi per lui i vangeli, la vita di Gesù insomma.
Poi tira fuori un cd. Metal, si intuisce da copertina e logo. Sicuramente autoprodotto, deduco dai medesimi segni.
Dice, estraendo il libretto dalla custodia per porgermelo: "Guarda le foto. Questo è mio figlio. È il cantante. Non è identico a Gesùccristo?!? I-DEN-TI-CO. Devi scrivere la vita di Gesù, io la giro e lui fa Gesù".
Osservo la foto in bianco e nero del tamarro in posa.
"Beh, certo, mi pare più che giusto", dico. 







 



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