domenica 29 aprile 2012

un'altra indispensabile premessa.

Alcune disoccupazioni fa, parecchio tempo prima di diventare il  VECCHIO MOTOMUNITO che attualmente consapevolmente sono, mi trovai a trascorrere un'intera mattinata nell'attesa di sostenere un colloquio i cui criteri e scopi m'erano, e mi rimasero, oscuri. Mia madre aveva ricevuto una soffiata: pensa, c'è gente che ha affittato un intero stabile in periferia solo per reclutare, vai a vedere, prendi il curriculum e vai, può essere la volta buona, eh.

Quando il caso pare casualmente insistere in una direzione, le casualità  appaiono sorprendentemente appropriate: l'edificio deputato all'incontro si trovava e trova tutt'ora nella via che porta al cimitero cittadino, appena prima del vecchio macello comunale in disuso. Davvero, giuro.

Riconosco immediatamente nella tizia impegnata nella GESTIONE DELL'INGRESSO, con tanta esibita serietà da risultare immediatamente losca, una nota laidona locale, evidentemente convinta che cazzuolate di kajal possano valorizzare un viso molle e perfido, e che abnormi gonnelloni orientali siano un'idea brillante e risolutiva per render più discreto un fondoschiena gargantuesco: tale risultante catastrofico ibrido tra il giovane Omar Sharif e le natiche del suo cammello ingualdrappato a festa è noto da sempre per le assidue frequentazioni malavitose, e ciò aggiunse all'attesa dell'incontro una certa inquietudine e, non lo nascondo, un certo crescente friccichio di curiosità.

Giunto il mio turno, abbandono l'ambiente in stile minimal-lercio-ospedalizio per incontrare finalmente, in una stanza davvero troppo simile ad un corridoio per non essere effettivamente un corridoio, la creatura che da allora infesta il mio vagabondare in cerca d'occupazione.
Per onestà, confesso che da qui in poi tutto si fa piuttosto vago.
Ricordo bene tutti dettagli fondamentali, però, e che ad esempio il bizzarro essere in questione, dopo aver soppesato velocemente i risultati di una spassosissima scheda attitudinale fattami compilare all'ingresso, mi offrì nientemeno che un ruolo, da definire, al servizio di una multinazionale, di cui al momento non era autorizzato a fare il nome, che intendeva lanciare sul mercato un prodotto rivoluzionario di cui però in quella fase preliminare proprio non poteva parlarmi.
"La parola chiave è robot", mi suggeriva con aria solenne.
"Vendiamo il futuro".
Chissà.

Comunque sia, e questo è in sostanza tutto quello che qui volevo arrivare a dire, sappiate che, da quella mattina lì, ogni volta che vengo sorridente a farmi valutare da voi, mostrandovi come però foste voi a scoprirle tutta la mia sorprendente adeguatezza e la mia quasi cristiana buona volontà, in realtà è con lui che io sto parlando, è a lui che racconto per l'ennesima volta la versione accattivante della mia vita lavorativa.
Spiace sempre sentirsi dire certe cose, lo so, eppure va fatto: voi non siete per niente chi credete di essere, mettetevi l'animaccia in pace.
Voi siete la figura striminzita e barcollante emersa da quello stanzino buio che pare proprio un corridoio: siete inutilmente, pateticamente impegnati a risultare imponenti sporgendovi da una scrivania vuota ingiustificatamente enorme, indossate sopra la camicia grigia con motivetti geometrici argentati una giacca turchese di almeno due taglie in più di quella che vi calzerebbe e con spalline così prominenti da far pensare alle maniglie che satana in persona usa per manovrarvi con scatti sgraziati, siete a malapena maggiorenni ma dimostrate quindici brufolosissimi anni e una certa consumata familiarità con la cocaina, avete l'atteggiamento insieme aggressivo e inquieto del cacciatore perso nel bosco, recitate per l'ennesima volta la vostra vuota grottesca parte con voce infantile impostata e il tono monotono ma inspiegabilmente altalenante dello schizofrenico, esibite un'improbabile pettinatura liscia e lucente da omino lego, a incorniciare quei piccoli occhi da roditore persi nello sproporzionato faccione piatto da malvagio babbeo.  
Ci siamo incontrati la prima volta nella penombra, tra il macello e il cimitero.

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